sabato 1 agosto 2015

TRA DOTTRINA POLITICA E DIRITTO: CONOSCIAMO PÉTER PACZOLAY, NUOVO AMBASCIATORE UNGHERESE IN ITALIA

L'incontro con Mattarella e la consegna della lettera di credenziali
Con la consegna della Lettera di credenziali nelle mani del Capo dello Stato Sergio Mattarella il 15 luglio, si è perfezionata e ultimata la procedura di nomina del nuovo ambasciatore della Repubblica d’Ungheria in Italia, S.E. prof. Péter Paczolay. Il nuovo inquilino di Via dei Villini non è un diplomatico di carriera ma presenta un curriculum prestigioso. Fino al febbraio scorso ha ricoperto infatti la carica di presidente della Corte Costituzionale ungherese. Il 15 marzo, in occasione della festa dell’indipendenza nazionale, aveva ricevuto l’Onorificenza al merito della Repubblica d’Ungheria e in quella data l’assegnazione alla sede diplomatica di Roma era probabilmente molto più che in via di definizione.

Péter Paczolay
Non è difficile trovare un legame tra il prof. Paczolay e l’Italia. Chi ne conosce i trascorsi accademici sa che quando fu chiamato dall’ex-professore e amico Mihály Bihari alla cattedra di Scienze politiche, da lui fortemente voluta all’Università ELTE di Budapest, Paczolay era presentato come il maggiore esperto ungherese vivente di Machiavelli. Péter Paczolay è uno dei cosiddetti “professori intercity”. La sua carriera universitaria, dal 1990 al 2005, si divide infatti tra insegnamento e incarichi di dirigente e vice-preside di facoltà a Budapest e a Szeged. Oltre alla dottrina politica - settore disciplinare privilegiato nonchè materia di insegnamento - si distingue per lo studio del diritto costituzionale comparato e del diritto pubblico dei paesi europei. Nel ’90 László Sólyom, primo presidente della Corte Costituzionale, lo vuole al suo fianco prima come consigliere poi come segretario generale dell’istituzione. Con l’elezione di Ferenc Mádl alla presidenza della repubblica nel 2000, Paczolay viene ingaggiato come vice-direttore dell’Ufficio del Presidente (KEH). Sono anni in qui egli si dedica all’applicazione e alle possibilità di esercizio del diritto di veto costituzionale presidenziale. Come conseguenza lo strumento viene utilizzato spesso in quel periodo e in modo politicamente definito bipartisan. A farne le spese saranno sia il primo esecutivo Orbán sia i governi socialisti Medgyessy e Gyurcsány. Sólyom, eletto successore di Mádl nel 2005, ritrova proprio il fidato Paczolay che con il suo lavoro sarà praticamente l’ultimo filtro di tutti gli affari giuridici sottoposti al Capo dello Stato.
La collaborazione tra i due dura pochi mesi perché nel 2006 è all’ordine del giorno la sostituzione di un giudice costituzionale. La forte sponsorizzazione di Sólyom unita alle qualità dell’uomo fanno di Paczolay il terzo caso in assoluto di giudice della Corte Costituzionale eletto per consenso. Si è detto che con un unico posto in palio non si poteva scontentare né la destra né la sinistra ma in Péter Paczolay sia destra che sinistra hanno trovato una figura tanto temibile quanto appropriata a ricoprire quel ruolo con un appoggio trasversale. Egli stesso si è definito in passato “conservatore moderato” ma anche “conservatore liberale”. Dopo soli due anni dalla nomina ottiene la presidenza dell’organo guardiano della Costituzione. Come ha ricordato di recente: “Io sono stato presidente di due Corti Costituzionali distinte: la prima volta quando sono stato votato dai miei colleghi, la seconda volta dal parlamento (in seguito all’approvazione della nuova legge sulla Corte ndr). Un’esperienza bella e rara e molti mi invidiano per questo”.
15 marzo 2015, festa nazionale ungherese. Consegna dell'onorificenza al merito
In una prima fase è stato inevitabile e pressoché perenne il confronto con quello che da più parti è stato definito il suo mentore, László Sólyom, incarnazione di una Corte Costituzionale decisamente protagonista e interventista negli anni del consolidamento democratico. Col tempo però Paczolay ha impresso sempre più il suo timbro in un quadro generale tutt’altro che stabilizzato. L’approvazione della nuova Costituzione, i successivi emendamenti molto criticati in patria e all’estero, una certa limitazione dei poteri della Corte stessa, la supermaggioranza del governo Orbán sono stati tutti momenti in cui una velata tensione tra i vari organi dello stato non è mai sfociata in aperte rotture grazie anche alla presidenza Paczolay.  Conservatore nelle questioni etiche, liberale quando si trattava di decidere sui diritti di libertá, il suo programma, come ha ribadito in uno dei suoi ultimi interventi da presidente, è stato quello “di infondere lo stato di diritto come elemento fondamentale nel funzionamento della Corte”. “Se la Corte - ha aggiunto - partorisce delle decisioni tra esse contrastanti non rafforza lo stato di diritto ma ne scava la fossa” . Quello  che lascia in eredità è un vero “testamento politico ovvero che i suoi successori devono sempre perseverare nel produrre sentenze coerenti”. 

A febbraio, in quello che è stato un congedo ufficioso dalla toga, di fronte all’Accademia Ungherese delle Scienze ha detto: ”Me ne vado soddisfatto, ma con questo non voglio dire che continuerei”. Continua tuttavia il servizio all’Ungheria di Péter Paczolay nella forma istituzionale più alta ovvero quella di capo missione diplomatica all’estero. Resta da vedere se Roma sarà la tappa iniziale di una nuova carriera o il coronamento di una già ricca esperienza di vita.