In
occasione del Venerdì Santo, giorno in cui i cattolici ricordano e celebrano la
morte di Gesù Cristo, il primate d’Ungheria, cardinale Péter Erdő, è stato
intervistato nel programma del primo canale della televisione pubblica
ungherese M1, Az Este. Il porporato,
reduce dal conclave che ha portato all’elezione di Papa Francesco, oltre a
riflettere sul significato del messaggio pasquale ha fatto considerazioni su
diversi temi, dal ruolo della Chiesa in questo momento di crisi economica
all’elezione del nuovo Pontefice, dai riferimenti cristiani nelle carte
costituzionali al dialogo con l’Islam, dall’immigrazione e dall’integrazione al
ruolo dei nuovi media. “La Chiesa – ha esordito Péter Erdő – nel giorno del
Venerdì Santo ricorda un fatto storico, la crocifissione di un uomo, Gesù il Nazareno, la cui
esperienza terrena non si conclude con la morte ma con la sua risurrezione”. Questa vicenda che come ha ribadito il prelato
non è mitologia ma storia “ha un significato anche per le nostre vite” perché
Gesù “non era un uomo qualunque, ha
dimostrato il più grande amore e nella risurrezione Dio ha legittimato la sua
vita ed i suoi insegnamenti”. “La vita dell’uomo – ha continuato Erdő – non
scorre senza senso in una serie meccanica di eventi che alcuni chiamano storia
ma costituiamo una parte di un tutto grande e sensato”. Alla domanda su cosa sia essenziale oggi nel
mondo il cardinale ha risposto dicendo che “noi in qualche modo siamo tutti
fratelli e tutto quello che l’odio e l’egoismo umano scatenano addosso al mondo
come sofferenza, può essere vinto”.
Interpellato sul ruolo della Chiesa in
questa contingenza economica di crisi a livello globale il primate d’Ungheria
ha ricordato come essa non offra modelli economici anche perché la validità di
simili insegnamenti sarebbe di breve durata.”La Chiesa però – ha ribadito –
parla direttamente all’uomo e gli attori economici dovrebbero applicare i 10
comandamenti, Non mentire, Non rubare, Non uccidere…”. Tutto questo non è
facile perché “la vita è complessa, lo sono le scienze naturali con tutta la
biologia e così lo è anche il funzionamento dell’economia mondiale e in questo
sistema composto di tanti elementi è necessario comprendere dove conduce il
comportamento dell’uomo e dell’umanità”. In questo senso il cardinale ungherese
ha fatto presente come la Chiesa
intervenga con la sua dottrina sociale che
“negli ultimi decenni si è molto sviluppata e che ha dato riflessioni provate e
sensate in tutta una serie di nuove situazioni”. In questo contesto si
inserisce dunque il ruolo della Chiesa che è quello di “porre l’accento sui
valori dell’amore e della solidarietà anche in campo economico per quanto
questo possa essere difficile”. Dal punto di vista delle opere più tangibili e
visibili la Chiesa interviene per alleviare il peso delle sofferenze non solo
di chi è vittima di ristrettezze dovute alla crisi economica ma anche di chi
patisce le pene dovute a sciagure di altro genere. A tal proposito il cardinale
Erdő ha fatto l’esempio delle raccolte di generi alimentari organizzate in
tutte le parrocchie ungheresi dalla Caritas dove in alcuni casi è stato
necessario intervenire più massicciamente perché ciò che era stato raccolto non
soddisfaceva le maggiori esigenze. Esperienze del genere per la Chiesa non sono
né un compito né un impegno, parole usate dall’intervistatore, ma “un obbligo
imprescindibile” anche perché “la Buona Novella è stata annunciata ai poveri”.
Parlando
del recente Conclave è stato impossibile non menzionare il fatto che il cardinale
Erdő sia stato considerato uno dei papabili. “Non ci sono mai candidati“ ha
ricordato il primate ungherese e a proposito della stampa mondiale che più
volte lo ha inserito nelle classifiche dei favoriti al soglio pontificio ha
riconosciuto “di essere onorato per il fatto che il suo nome sia stato pensato”
ma allo stesso tempo ha sempre ritenuto la cosa “non seria e non realistica”. Di
Papa Francesco,”il cui stile personale è ancora poco noto al mondo”, il porporato ha esaltato “la straordinaria
sensibilità per le cose essenziali nonché la sua comunicatività. “Parla della
nostra fede con brevità mettendo l’accento sull’essenziale attraverso formule
brevi e più facilmente comprensibili nonché con gesti significativi fatti a
ripetizione”. Questo Papa è “un regalo per la Chiesa come lo fu san Francesco
che ridiede vita alla Chiesa del suo tempo attraverso una fede vissuta con
radicalità e con l’esempio della povertà”, un messaggio che suona anche oggi
come profondamente attuale. “Questo è un Papa italo-argentino e quindi ha anche
origini europee “ ha sottolineato Erdő e il fatto che venga da un altro
continente “dimostra che siamo una Chiesa mondiale e che la nostra vocazione è
rivolta a tutta l’umanità”. ”Questa elezione è uno stimolo affinché il
cattolicesimo europeo definisca il suo ruolo nel contesto mondiale” più di
altre infatti la Chiesa europea è chiamata a gestire situazioni di cui ne è scenario
esclusivo come il dialogo con le chiese ortodosse orientali e l’ecumenismo
anche per la presenza di queste comunità religiose. Un’altra sfida peculiare
della Chiesa del vecchio continente è il rapporto con l’Islam e non tanto per
il problema degli immigrati quanto perché l’Europa confina direttamente con
paesi a maggioranza islamica senza dimenticare che lo stesso vale per stati europei
come Albania e Bosnia Erzegovina.
Una
riflessione più approfondita da parte del presidente della Conferenza
episcopale ungherese merita proprio il rapporto con l’Islam “una religione
divisa in correnti al cui interno manca un’autorità centrale e che risente anche
di una diversità delle fonti”, tema che rimanda inevitabilmente alla questione
del multiculturalismo e della relazione con la diversità. E’ il riconoscimento
e la convinzione della propria identità secondo Erdő la chiave per relazionarsi
con l’altro. “Noi ci poniamo sempre in modo schizofrenico quando si discute
sulle nostre radici cristiane laddove dovremmo accettarle come un’eredità
culturale, un fatto naturale”. “Non è poi proprio così scontato che nelle città
si vedano i campanili”. “E’ fondamentale – ha dichiarato il cardinale –
proteggere la nostra identità, le nostre origini” e così facendo “non avremo
nemmeno paura di confrontarci con chi ha una eredità, un’identità e un portato
culturale diversi” dai nostri. Strettamente collegato al dibattito
multiculturale è il problema dell’integrazione, come conseguenza anche dell’immigrazione,
e in merito a questo Péter Erdő esprime la sua contrarietà rispetto “alle
esagerazioni della pressione dell’assimilazione che è meglio evitare”. “Non
bisogna necessariamente rendere tutti identici facendo in modo che ci si
dimentichi delle proprie lingue e delle proprie culture di appartenenza, la soluzione sta in una integrazione
assennata”.
Sempre in tema di identità culturali
il giornalista richiama l’attenzione del prelato sui dibattiti passati e
presenti sull’inserimento nei testi delle Costituzioni degli stati della
menzione alle radici cristiane e la mente va subito al progetto di Trattato
costituzionale dell’Unione Europea, dove essa non fu prevista, ed alla più
recente approvazione della Legge Fondamentale ungherese nel cui preambolo si professa
invece “la virtù unificatrice della cristianità” per la nazione. Il cardinale Erdő pur non sbilanciandosi nel
giudicare l’una o l’altra soluzione invita a considerare “l’eredità greco
romana e giudaico cristiana non come un’imposizione ma come il riconoscimento
di una situazione di fatto”. Dispositivi del genere “disegnano l’identità
culturale di una regione” e indipendentemente dal fatto che siano o meno parte
di documenti costituzionali “una società è più predisposta ad accettarli se si
rapporta bene con il proprio passato e la propria cultura “. Citando poi passati
studi comportamentali Erdő ha fatto notare che “l’appartenenza a comunità
religiose e quindi anche a quella cristiana aumenta il grado di tolleranza
verso la diversità e quindi il rispetto di identità altrui è legato all’affermazione
di una propria identità”.
Il
coinvolgimento dei giovani nell’opera di evangelizzazione offre lo spunto per
affrontare in coda all’intervista il tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie
a servizio della Chiesa. Il cardinale riconosce che “si aprono nuove possibilità
di missione nel campo della
comunicazione audiovisiva e della rete”. Sicuramente non si può prescindere “dalle
parole e dal discorso logico” necessario in alcuni casi per spiegare il Vangelo
ma “bisogna anche concentrare l’attenzione su pochi punti certi ed essenziali”.
Tutto sommato questo oltre ad essere ”lo stile del nuovo Papa è stato anche lo
stile di Cristo, basta vedere le parabole la cui forma non richiede ulteriori
spiegazioni”. “Trasmettere un messaggio
breve e diretto – ha concluso il cardinale Erdő - è ideale per coinvolgere anche
le generazioni più giovani”.
Fonti: hirado.hu
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