lunedì 1 aprile 2013

MESSAGGIO PASQUALE, PAPA FRANCESCO, IDENTITA’ E DIVERSITA’, NUOVI MEDIA: PARLA IL CARDINALE PÉTER ERDŐ


In occasione del Venerdì Santo, giorno in cui i cattolici ricordano e celebrano la morte di Gesù Cristo, il primate d’Ungheria, cardinale Péter Erdő, è stato intervistato nel programma del primo canale della televisione pubblica ungherese M1, Az Este. Il porporato, reduce dal conclave che ha portato all’elezione di Papa Francesco, oltre a riflettere sul significato del messaggio pasquale ha fatto considerazioni su diversi temi, dal ruolo della Chiesa in questo momento di crisi economica all’elezione del nuovo Pontefice, dai riferimenti cristiani nelle carte costituzionali al dialogo con l’Islam, dall’immigrazione e dall’integrazione al ruolo dei nuovi media. “La Chiesa – ha esordito Péter Erdő – nel giorno del Venerdì Santo ricorda un fatto storico, la crocifissione  di un uomo, Gesù il Nazareno, la cui esperienza terrena non si conclude con la morte ma con la sua risurrezione”.  Questa vicenda che come ha ribadito il prelato non è mitologia ma storia “ha un significato anche per le nostre vite” perché Gesù  “non era un uomo qualunque, ha dimostrato il più grande amore e nella risurrezione Dio ha legittimato la sua vita ed i suoi insegnamenti”. “La vita dell’uomo – ha continuato Erdő – non scorre senza senso in una serie meccanica di eventi che alcuni chiamano storia ma costituiamo una parte di un tutto grande e sensato”.  Alla domanda su cosa sia essenziale oggi nel mondo il cardinale ha risposto dicendo che “noi in qualche modo siamo tutti fratelli e tutto quello che l’odio e l’egoismo umano scatenano addosso al mondo come sofferenza, può essere vinto”. 

Interpellato sul ruolo della Chiesa in questa contingenza economica di crisi a livello globale il primate d’Ungheria ha ricordato come essa non offra modelli economici anche perché la validità di simili insegnamenti sarebbe di breve durata.”La Chiesa però – ha ribadito – parla direttamente all’uomo e gli attori economici dovrebbero applicare i 10 comandamenti, Non mentire, Non rubare, Non uccidere…”. Tutto questo non è facile perché “la vita è complessa, lo sono le scienze naturali con tutta la biologia e così lo è anche il funzionamento dell’economia mondiale e in questo sistema composto di tanti elementi è necessario comprendere dove conduce il comportamento dell’uomo e dell’umanità”. In questo senso il cardinale ungherese  ha fatto presente come la Chiesa intervenga con la sua dottrina sociale  che “negli ultimi decenni si è molto sviluppata e che ha dato riflessioni provate e sensate in tutta una serie di nuove situazioni”. In questo contesto si inserisce dunque il ruolo della Chiesa che è quello di “porre l’accento sui valori dell’amore e della solidarietà anche in campo economico per quanto questo possa essere difficile”. Dal punto di vista delle opere più tangibili e visibili la Chiesa interviene per alleviare il peso delle sofferenze non solo di chi è vittima di ristrettezze dovute alla crisi economica ma anche di chi patisce le pene dovute a sciagure di altro genere. A tal proposito il cardinale Erdő ha fatto l’esempio delle raccolte di generi alimentari organizzate in tutte le parrocchie ungheresi dalla Caritas dove in alcuni casi è stato necessario intervenire più massicciamente perché ciò che era stato raccolto non soddisfaceva le maggiori esigenze. Esperienze del genere per la Chiesa non sono né un compito né un impegno, parole usate dall’intervistatore, ma “un obbligo imprescindibile” anche perché “la Buona Novella è stata annunciata ai poveri”. 
 
Il Papa Francesco in pubblico
Parlando del recente Conclave è stato impossibile non menzionare il fatto che il cardinale Erdő sia stato considerato uno dei papabili. “Non ci sono mai candidati“ ha ricordato il primate ungherese e a proposito della stampa mondiale che più volte lo ha inserito nelle classifiche dei favoriti al soglio pontificio ha riconosciuto “di essere onorato per il fatto che il suo nome sia stato pensato” ma allo stesso tempo ha sempre ritenuto la cosa “non seria e non realistica”. Di Papa Francesco,”il cui stile personale è ancora poco noto al mondo”,  il porporato ha esaltato “la straordinaria sensibilità per le cose essenziali nonché la sua comunicatività. “Parla della nostra fede con brevità mettendo l’accento sull’essenziale attraverso formule brevi e più facilmente comprensibili nonché con gesti significativi fatti a ripetizione”. Questo Papa è “un regalo per la Chiesa come lo fu san Francesco che ridiede vita alla Chiesa del suo tempo attraverso una fede vissuta con radicalità e con l’esempio della povertà”, un messaggio che suona anche oggi come profondamente attuale. “Questo è un Papa italo-argentino e quindi ha anche origini europee “ ha sottolineato Erdő e il fatto che venga da un altro continente “dimostra che siamo una Chiesa mondiale e che la nostra vocazione è rivolta a tutta l’umanità”.  ”Questa elezione è uno stimolo affinché il cattolicesimo europeo definisca il suo ruolo nel contesto mondiale” più di altre infatti la Chiesa europea è chiamata a gestire situazioni di cui ne è scenario esclusivo come il dialogo con le chiese ortodosse orientali e l’ecumenismo anche per la presenza di queste comunità religiose. Un’altra sfida peculiare della Chiesa del vecchio continente è il rapporto con l’Islam e non tanto per il problema degli immigrati quanto perché l’Europa confina direttamente con paesi a maggioranza islamica senza dimenticare che lo stesso vale per stati europei come Albania e Bosnia Erzegovina.  


Una riflessione più approfondita da parte del presidente della Conferenza episcopale ungherese merita proprio il rapporto con l’Islam “una religione divisa in correnti al cui interno manca un’autorità centrale e che risente anche di una diversità delle fonti”, tema che rimanda inevitabilmente alla questione del multiculturalismo e della relazione con la diversità. E’ il riconoscimento e la convinzione della propria identità secondo Erdő la chiave per relazionarsi con l’altro. “Noi ci poniamo sempre in modo schizofrenico quando si discute sulle nostre radici cristiane laddove dovremmo accettarle come un’eredità culturale, un fatto naturale”. “Non è poi proprio così scontato che nelle città si vedano i campanili”. “E’ fondamentale – ha dichiarato il cardinale – proteggere la nostra identità, le nostre origini” e così facendo “non avremo nemmeno paura di confrontarci con chi ha una eredità, un’identità e un portato culturale diversi” dai nostri. Strettamente collegato al dibattito multiculturale è il problema dell’integrazione, come conseguenza anche dell’immigrazione, e in merito a questo Péter Erdő esprime la sua contrarietà rispetto “alle esagerazioni della pressione dell’assimilazione che è meglio evitare”. “Non bisogna necessariamente rendere tutti identici facendo in modo che ci si dimentichi delle proprie lingue e delle proprie culture di appartenenza,  la soluzione sta in una integrazione assennata”.  

Sempre in tema di identità culturali il giornalista richiama l’attenzione del prelato sui dibattiti passati e presenti sull’inserimento nei testi delle Costituzioni degli stati della menzione alle radici cristiane e la mente va subito al progetto di Trattato costituzionale dell’Unione Europea, dove essa non fu prevista, ed alla più recente approvazione della Legge Fondamentale ungherese nel cui preambolo si professa invece “la virtù unificatrice della cristianità” per la nazione.  Il cardinale Erdő pur non sbilanciandosi nel giudicare l’una o l’altra soluzione invita a considerare “l’eredità greco romana e giudaico cristiana non come un’imposizione ma come il riconoscimento di una situazione di fatto”. Dispositivi del genere “disegnano l’identità culturale di una regione” e indipendentemente dal fatto che siano o meno parte di documenti costituzionali “una società è più predisposta ad accettarli se si rapporta bene con il proprio passato e la propria cultura “. Citando poi passati studi comportamentali Erdő ha fatto notare che “l’appartenenza a comunità religiose e quindi anche a quella cristiana aumenta il grado di tolleranza verso la diversità e quindi il rispetto di identità altrui è legato all’affermazione di una propria identità”.  

Il coinvolgimento dei giovani nell’opera di evangelizzazione offre lo spunto per affrontare in coda all’intervista il tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie a servizio della Chiesa. Il cardinale riconosce che “si aprono nuove possibilità di missione nel campo  della comunicazione audiovisiva e della rete”. Sicuramente non si può prescindere “dalle parole e dal discorso logico” necessario in alcuni casi per spiegare il Vangelo ma “bisogna anche concentrare l’attenzione su pochi punti certi ed essenziali”. Tutto sommato questo oltre ad essere ”lo stile del nuovo Papa è stato anche lo stile di Cristo, basta vedere le parabole la cui forma non richiede ulteriori spiegazioni”.  “Trasmettere un messaggio breve e diretto – ha concluso il cardinale Erdő - è ideale per coinvolgere anche le generazioni più giovani”.    

Fonti: hirado.hu
  

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