giovedì 30 giugno 2016

L’UNGHERIA SALUTA CON ONORE LA FRANCIA. COSA RICORDEREMO DELL’EUROPEO DEI MAGIARI

La marcia dei tifosi ungheresi per le strade di Marsiglia
L’ultima volta che l’Ungheria giocò una competizione internazionale c’erano ancora Germania dell’Ovest e Unione Sovietica. Da allora la carta geografica è cambiata e insieme ad essa è cambiato il calcio. La lunghissima traversata nel deserto dei magiari si è conclusa con la qualificazione agli Europei di Francia.Dopo i sorteggi e la composizione dei gironi nel dicembre scorso, era ipotizzabile - ma non scontato - che contro Islanda, Austria e Portogallo la qualificazione fosse “sulla carta” alla portata. Così è stato. Anzi è stato di più. L’Ungheria è passata agli ottavi di finale come imbattuta e prima della (sua) classe. Il raggiungimento di unsimile traguardo, per chi nella propria memoria sportiva può annoverare Ferenc Puskás e la “squadra d’oro” che ha incantato il mondo intero,quasi non meriterebbe la risonanza e le celebrazioni che ne sono derivate. Tuttavia la lunga attesa, le aspettative di una nazione che ha riscoperto improvvisamente il calcio, le emozioni suscitate nonché il modo in cui è maturata l’eliminazione meritano una breve rassegna per scoprire cosa ricordare dell’avventura magiara agli Europei.

I tifosi in trasferta.
Non dimenticheremo facilmente le marce di migliaia di tifosi magiari verso lo stadio prima delle partite, una autentica onda rossache ha invaso i centri cittadini di Bordeaux, Marsiglia, Tolosa, Lione. Il calore del tifo si è trasmesso poi sugli spalti coinvolgendo anche i calciatori che ad ogni gol correvano a festeggiare sotto le curve, cercando il contatto fisico, l’abbraccio con i propri sostenitori mettendo a dura prova stewards e forze dell’ordine.

Strade e binari bloccati sul körút di Budapest
Gábor Király, il portiere ungherese
Budapest in tilt.
Una consuetudine di questi Europei la capitale danubiana paralizzata nei post-partita. Fiumane di persone in strada a sfilare. Percorsi preferiti ii binari dei tram. Mai conducenti dell’efficientissimo trasporto pubblico di Budapest sono stati più accondiscendenti. Vigili e automobilisti a fraternizzare con le folle. Il calcio valeva bene qualche ora bloccati nel traffico.

Király
Tra le cose che il pubblico ricorderà di Euro2016 c’è la tuta di Gábor Király, il portiere magiaro. Canzonato e mitizzato al tempo stesso. La sua prima partecipazione ad un torneo internazionale con la “válogatott” (selezione)è entrata nella storia. Nessun altro ha giocato un europeo alla sua età. Eccentrico nell’abbigliamento. Burlone in campo, come quando rischia di disorientare i suoi stessi compagni di reparto passandosi la palla sotto le gambe o fingendo un rinvio lungo. Epico quando dopo un miracolo su punizione di De Bruyne si frattura l’articolazione del dito e se lo rimette a posto da solo (terminerà poi la partita senza problemi). Chissà se lo rivedremo ancora tra i pali, magari in mondovisione.

I migliori.
L’Ungheria deve ripartire da quelli che sono stati i migliori elementi. Tolti i senatori del gruppo, comeil capitanoDzsudzsák e Gera, che potranno dare un sicuro contributo nelle qualificazioni al prossimo mondiale, occorre menzionare chi in prospettiva può cresceree far parlare ancora di sé. Ci riferiamo ad esempio a Szalai, il gigante dell’attacco. Quasi impossibile sottrargli la palla e abile nel trattenerla per far salire i compagni nelle ripartenze. Lovrencsics, laterale di centrocampo con buona corsa e capacità di agire in supporto di attacco e difesa. I veri talenti poi sono Kleinheisler e Nagy. Entrambi giovanissimi, 43 anni in due. Il primo tignoso centrocampista offensivo, il secondo  regista onnipresente. Meritano di fare esperienza all’estero in campionati importanti.


La squadra canta l'inno nazionale sotto la curva dopo l'eliminazione col Belgio
L’eliminazione
Per quanto possa far male non si può non ricordare l’eliminazione con il Belgio. Le sconfitte mettono a nudo i limiti ed insegnano a non ricadere nell’errore. Con un pizzico di cattiveria agonistica in più e con un po’ di fortuna l’Ungheria, considerando pure il tabellonepiuttosto favorevole,  si sarebbe potuta ritrovare tranquillamente tra le prime quattro. E’ mancato il cinismo. Il tecnico tedesco Storck, altro protagonista da riconfermare, dovrà lavorare proprio su questo. Ordine e possesso palla non bastano.Quando l’avversario è in calo bisogna far male. E i “diavoli rossi” di Hazard potevano essere colpiti più volte. Il cinismo deriva anche dall’esperienza, e quest’ultima a sua volta nasce da una serie di fattori, due dei quali sono sicuramente più investimenti nel calcio professionistico e più pratica di campionati stranieri.La partecipazione a questi Europei è stata una utile vetrina che può generare per il calcio ungherese un circolo virtuoso. Non si poteva oggettivamente chiedere di più a questi ragazzi.Ora però il ghiaccio è rotto. Occhio al prossimo obiettivo, le qualificazioni ai prossimi mondiali. C’è da cantare ancora tanti inni nazionali con la mano sul cuore davanti ai propri tifosi. 








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