Gasparovic e Áder in conferenza stampa congiunta |
Il 20 febbraio scorso si è conclusa la visita ufficiale di due giorni del Presidente della Slovacchia Ivan Gasparovic a Budapest. Considerando che un capo di stato slovacco manca dall’Ungheria da nove anni e che solo nel 2009 il governo di Bratislava aveva impedito al presidente ungherese Sólyom di mettere piede in territorio slovacco, il viaggio di Gasparovic è molto più che una cortese risposta all’invito dell’omologo János Áder. In realtà parlare di distensione nelle relazioni tra i due stati è forse esagerato specie se si guarda ai risultati conseguiti negli ultimi tempi in campo di cooperazione militare e transfrontaliera, vedi rispettivamente la preparazione congiunta alle missioni internazionali, la visita nel mese di ottobre del capo di stato maggiore dell’esercito slovacco Peter Vojtek e i progetti di costruzione di nuovi ponti e passaggi di frontiera. Lo scorso settembre, poi, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia hanno dato avvio ad un meccanismo di coordinamento (market coupling) tra i propri mercati elettrici in vista di una sempre maggiore integrazione regionale nel settore dell’energia elettrica. La comune appartenenza all’Unione Europea e ad organizzazioni come il Gruppo di Visegrád non impedisce l’esistenza di questioni non marginali che spesso, anche nel recente passato, hanno sfiorato l’incidente diplomatico. L’origine delle tensioni tra i due paesi è la gestione passata e presente delle minoranze nazionali in particolare di quella ungherese che costituisce circa il 10% della popolazione slovacca e che è stanziata in Slovacchia nella cosiddetta “regione di sopra” o “Alta Ungheria”, quella che gli ungheresi chiamano Felvidék.
Il presidente Sólyom attraversa il ponte di Komárom nell'agosto 2009 |
L’episodio prima menzionato per cui le relazioni tra i due paesi hanno toccato forse il punto più basso ha visto protagonista il presidente ungherese László Sólyom che nell’estate di quattro anni fa avrebbe dovuto inaugurare una statua di Santo Stefano d’Ungheria a Révkomárom, la parte slovacca della città ungherese di Komárom collocata a cavallo della frontiera. A suscitare la contrarietà all’intervento di Sólyom la data scelta per l’occasione, il 21 agosto, giorno infelice nella storia del paese slavo in cui si ricorda la “normalizzazione“ sovietica, in reazione alla Primavera di Praga, operata dalle truppe alleate del Patto di Varsavia tra cui anche quelle ungheresi. L’indecisione sull’ufficialità della visita si era scontrata con la determinazione del Presidente ungherese cui, per motivi di sicurezza dovuti a possibili contestazioni di estremisti, fu vietato di entrare in Slovacchia mentre questi era già in viaggio. Sólyom consegnò comunque di persona il suo discorso all’ambasciatore ungherese a Bratislava attraversando a piedi il ponte di Révkomarom e fermandosi sulla linea di confine. La Corte di Giustizia dell’UE, adita per la presunta violazione del diritto alla libertà di circolazione di un cittadino europeo, diede ragione alla Slovacchia applicando al caso le norme del diritto internazionale valide per i Capi di Stato.
Per quanto eclatante possa essere stato il gesto di Sólyom le dispute esistenti sono molto più complesse e ben lontane da una soluzione negoziata che soddisfi entrambi gli interlocutori a partire dall’utilizzo dell’ungherese in vista di un auspicato e completo bilinguismo che coinvolga tutti i settori del pubblico. Anche l’istruzione entra nella lista nera delle relazioni magiaro-slovacche per cui all’ordine del giorno c’è, tra gli altri, il rischio della perdita del rango universitario del Selye János Egyetem unico istituto ungherese di tale genere in tutta la Slovacchia.
Ciononostante le questioni più delicate restano i decreti Benes e la legge ungherese sulla doppia cittadinanza. Nel primo caso bisogna tornare indietro all’immediato secondo dopoguerra quando per cementare la Cecoslovacchia come stato nazionale slavo il presidente Benes emanò dei decreti che dichiaravano le etnie ungherese e tedesca collettivamente colpevoli di appoggio al regime nazista. Le pene prevedevano pesanti discriminazioni e in ultimo anche l’espulsione. I decreti Benes restarono parte integrante delle giurisdizioni sia di Repubblica Ceca che di Slovacchia. Quest’ultima poi nel settembre del 2007 con un voto del Parlamento (120 voti favorevoli su 150 seggi) confermò la validità e l’inviolabilità dei decreti pur eliminando contestualmente il principio della “colpa collettiva”. Il secondo caso è di stretta attualità politica e risale ai primi atti del secondo governo Orbán con l’approvazione della legge sulla procedura semplificata per la naturalizzazione meglio nota come legge sulla doppia cittadinanza. La legge, il cui impatto negli stati confinanti che ospitano minoranze magiare è ancora tutto da valutare, fu quasi subito contrastata e disinnescata dal governo di Bratislava che intervenne modificando la propria legislazione sulla cittadinanza: l’acquisto di una seconda cittadinanza avrebbe comportato la perdita automatica di quella slovacca.
Su questi, come sugli altri temi, il presidente Gasparovic ha mostrato con pacatezza e lucidità tutta la sua intransigenza. “I decreti Benes” - ha detto Gasparovic in un’intervista all’emittente televisiva DUNATV alla vigilia della visita ufficiale - “non sono un problema slovacco. Sono una conseguenza della guerra e della volontà di riparare i danni di quella guerra con il proposito di non ripeterne gli errori. Queste questioni non riguardano solo la Cecoslovacchia ma l’Europa intera”. Dopo aver poi ribadito che i decreti pur essendo parte della giurisdizione slovacca “non saranno applicati né nel presente né in futuro”, il Presidente, esprimendosi sulle espulsioni degli ungheresi, ha ricordato come “il governo cecoslovacco aveva stipulato un accordo con l’Ungheria per uno scambio di popolazioni e che pertanto la decisione non era unilaterale”. Quanto al problema della doppia cittadinanza Gasparovic , pur riconoscendo in onestà che la Slovacchia non ha potuto rispondere “ad una cattiva legge se non con una legge altrettanto cattiva” , ha ribadito che “la Costituzione slovacca garantisce a tutti la cittadinanza” anche se su base volontaria. L’acquisto volontario di un’altra cittadinanza vale di conseguenza di per sé a far perdere automaticamente quella slovacca. La questione è di quelle su cui si potrebbe “parlare molto a lungo senza arrivare ad un comune denominatore” ha fatto presente Gasparovic rammentando allo stesso tempo che la legge è comunque ancora sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale. Ancora alla vigilia del suo viaggio in Ungheria Gasparovic si è mostrato molto realista dichiarando, sempre alla DUNATV, che il vero problema è la crisi economica ed è per questo che si rende necessaria una sempre più stretta collaborazione con chi si condividono oltre “alla storia, i confini,la vicinanza, e la membership comune ad organismi internazionali, senza dovere raggiungere necessariamente un accordo su tutto”.
In effetti la divergenza di vedute nelle principali controversie è stata confermata anche in sede di colloqui ufficiali come riconosciuto dallo stesso presidente ungherese Áder che però ha posto subito l’accento sulla fruttuosa cooperazione, specie anche commerciale, che ha visto un sensibile incremento tra i due paesi negli ultimi anni. Realismo e pragmatismo insomma alla base delle relazioni tra Ungheria e Slovacchia come traspare ancora una volta dalle parole di Gasparovic: “una parziale interpretazione della storia può portare ad un suo utilizzo in chiave populista laddove il compito dei politici è invece quello di risolvere le questioni attuali concentrandosi sul futuro e lasciando il passato agli storici”. Tuttavia l’analisi del passato non è di secondaria importanza specie nel ”preservare le giovani generazioni dal pregiudizio”. “Il miglior investimento per le relazioni future sarebbe l’intervento comune dei nostri storici di punta nel fare chiarezza sui più significativi fraintendimenti legati alla nostra storia” nella considerazione del fatto che, ha sottolineato Gasparovic, “i contenuti dei libri di testo in materia divergono ancora in molti casi”. Se il passato è lasciato agli storici, saranno invece giuristi scelti a continuare le trattative sulle dispute relative alla cittadinanza riuniti dal mese di marzo a Budapest.
Viktor Orbán e Robert Fico a Pilisszentkereszt |
La migliore prova di realismo e concretezza nella gestione degli affari comuni è venuta proprio dai capi di governo dei due paesi, Viktor Orbán e Robert Fico, che nel 2012 hanno dato vita ad una sorta di diplomazia della grappa costruita attraverso una rete di incontri formali e informali a cadenza quasi pressoché bimestrale. A dare il via a questa luna di miele tra i due premier una vibrante lettera di congratulazioni per la schiacciante vittoria del socialdemocratico Fico alle elezioni di un anno fa seguita dal primo incontro ufficiale al vertice di aprile del Gruppo dei 4 di Visegrád. Il dovere seguito dal piacere dell’informalità di una partita di calcio a luglio, Slovan Bratislava-Videoton di Europa League in cui Orbán e Fico hanno seguito fianco a fianco da tifosi le loro squadre del cuore. L’inaugurazione nel mese di ottobre di un istituto di cultura slovacca nella cittadina ungherese di Pilisszentkereszt è stata anche l’occasione di un nuovo incontro e della firma dell’accordo per la costruzione di un nuovo ponte sul Danubio a Komárom. Ultimo palcoscenico per i due capi di governo il summit economico ungherese-slovacco lo scorso novembre a Budapest dove Fico nel definire come interesse comune i futuri successi dei due paesi ha anche accennato alla possibilità di una visita ufficiale di Orban in Slovacchia. La solidità raggiunta nelle relazioni tra i due paesi sembra essere tale da non venire nemmeno lontanamente scalfita da gesti e dimostrazioni di patriottismo interno come il conferimento lo scorso ottobre della prima Legione D’Onore Magiara (Magyar Becsület Rend) da parte di Viktor Orbán a Ilonká Tamás. Questa centenaria maestra slovacca in pensione è stata considerata quasi eroe ed esempio nazionale per aver subito ricevuto nel 2010 la richiesta cittadinanza ungherese perdendo per questo quella slovacca sulla base della contestata legge.
In buona sostanza il senso della diplomazia della grappa è proprio questo. Non è da sottovalutare ciò che divide Ungheria e Slovacchia ma il dinamismo costruttivo che ha visto protagonisti i due premier e consacrato a fine febbraio dalla visita del presidente Gasparovic dimostra come la difficile contingenza economica non può che lasciare spazio alla collaborazione isolando in modo ermetico ogni affare potenzialmente dannoso per una intelligente politica di buon vicinato.
Nessun commento:
Posta un commento