“Új időszámítás kezdődik “, inizia
una nuova era. Queste sono le parole con cui il portale dell’informazione
pubblica hirado.hu apre la cronaca dettagliata sulle dimissioni di Benedetto
XVI dal soglio pontificio, un fatto la cui portata storica non ha che un solo
precedente in epoca medioevale. A tal proposito il Magyar Hírlap pone il
problema dell’assenza di una qualsiasi regolamentazione della fattispecie,
spiegabile con la natura gerarchica della carica papale, e prefigura persino il rischio di uno scisma
all’interno della Chiesa visto che c’è chi potrebbe considerare la figura del Papa
come tale in eterno.
Mons. Kovács Gergely, capo
dell’Ufficio dello Staff del Pontificio Consiglio della Cultura, intervistato
dal Magyar Nemzet oltre a ricordare come Benedetto XVI avesse già in un certo senso anticipato la
possibilità delle dimissioni in interviste e discorsi passati, rassicura sul
fatto che non ci sarà nessuna differenza con i precedenti conclavi e che si
svolgerà tutto come se il Papa fosse morto. E’ possibile, continua Mons. Gergely,
che il nuovo Papa possa insediarsi già per le festività pasquali.
Sulla possibilità di poter vedere
la fumata bianca in tempi rapidi, addirittura già nei primi di marzo, concorda
anche Padre Csaba Török corrispondente della Radio Vaticana che, sempre al Magyar
Nemzet, ritorna sulla non impossibile prevedibilità del gesto di Benedetto XVI il
quale - per quanto inusuale possa sembrare un Conclave di fatto convocato da un
Papa vivente - ha scelto consapevolmente anche la tempistica. Infatti, secondo
Padre Csaba, febbraio è anche un mese spesso dedicato ai concistori specie per
la non casuale vicinanza con il 22, giorno in cui i cardinali sono chiamati a
Roma per celebrare la solennità della Cattedra di San Pietro. Padre Csaba torna
anche sul gesto delle dimissioni che non sarebbero assolutamente influenzate da
nessuno né tantomeno dalla forte immagine di Giovanni Paolo II, Papa anche
nella sofferenza e nel letto di morte.
A lasciare il suo contributo sul
quotidiano conservatore c’è anche László Németh ex segretario della Conferenza
Episcopale Ungherese (MKPK), ora vescovo della diocesi di Nagybecskerek. In un
mondo in cui in più contesti “tutti sono
attaccati al potere fino all’ultimo respiro, c’è ”- dice il prelato - ” un uomo capace di farsi
da parte quando sente che il fisico rappresenta per lui un limite sempre
maggiore nell’esercizio del servizio petrino”. Allo stesso modo Mons. Németh
ricorda come durante il sinodo episcopale dello scorso autunno Benedetto XVI
partendo da una citazione sia stato in grado di parlare a braccio e senza
appunti per circa un’ora con frasi “belle e sagge”. A tal proposito la
redazione del Népszava ricorda come Joseph Ratzinger sia anche principalmente
un erudito che ha passato i suoi anni migliori a Ratisbona insegnando teologia
dogmatica, vivendo solo per i suoi studi anche da Papa, lui che con la sua straordinaria
cultura parla correntemente l’italiano, l’inglese, lo spagnolo, oltre che
ovviamente il latino e il greco antico. Il Népszava non tralascia gli scandali
- Vatileaks e pedofilia dei preti su tutti - che hanno interessato la Chiesa
sotto il suo pontificato e che sarebbero, secondo il quotidiano, tra le cause
principali della “rinuncia” papale.
A pensarla così è anche András
Máté-Tóth, teologo già preside della facoltà di Scienze Religiose presso
l’università di Szeged, intervistato dal Népszabadság. Secondo il teologo, “la
decisione del Papa non è dettata esclusivamente da un indebolimento dello stato
di salute e tuttavia negli ultimi tempi molti erano i segni che lasciavano
presagire al ritiro in un isolamento di teologia e preghiera”. Máté-Tóth fa notare come tutto sommato fin
dall’inizio del pontificato era chiaro che non sarebbe stato Benedetto XVI ma
il suo successore ad imprimere una svolta significativa nella vita della Chiesa.
Lo studioso affronta quindi il tema della successione sottolineando come “è
sempre più difficile giustificare la scelta di un Papa europeo” specie in un
contesto mondiale in cui ”il centro gravitazionale della Chiesa si è spostato negli
ultimi decenni sull’Africa e sull’America Latina”. Un Papa venuto da questi
continenti sarebbe comunque un unicum anch’esso considerando che è sempre stata
l’Europa a dare i natali ai successori
di San Pietro. Con un Papa extraeuropeo
poi si avrebbe tanto il rinvigorimento
del dialogo tra le chiese cristiane quanto il ritorno in agenda di temi come il celibato dei preti e tuttavia - conclude Máté-Tóth - nemmeno questo potrebbe bastare per una definitiva apertura
liberale della Chiesa cattolica.
La stampa ungherese non è da meno
nell’esercizio del totonomine Oltretevere. I nomi che si fanno sono un po’ gli
stessi e vanno dal nigeriano Arinze, al
canadese Ouellet, all’ ex patriarca di Venezia e ora arcivescovo di Milano
Scola. La vera notizia è che tra i papabili c’è anche il primate d’Ungheria,
ossia il cardinale Péter Erdő (61 anni a
giugno) ormai al suo secondo conclave e per la seconda volta tra i più
giovani dell’organo elettore. In realtà
fonti autorevoli come l’agenzia di stampa austriaca APA, Newsweek – in un suo
studio di qualche anno fa – e persino il colosso dei bookmaker britannici
William Hill segnalano il cardinale ungherese, che presiede peraltro il
Consiglio delle Conferenze Episcopali europee, saldamente tra i primi dieci
porporati con maggiori possibilità di elezione. Intanto
la Chiesa ungherese si organizza nella preghiera anche comunitaria come è
successo a Székesfehérvár , come riporta il portale cattolico Magyar Kurír, dove
i fedeli si sono riuniti per un Te Deum di
ringraziamento per l’operato di Benedetto XVI.
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