Si è tenuto ieri presso il
Millenaris Teatrum di Budapest il tradizionale
évértékelő beszéd,
(per la galleria fotografica clicca qui) il discorso
sullo stato della nazione, una sorta di bilancio dell’anno trascorso, il
quindicesimo per il primo ministro Viktor Orbán. Il primo discorso risale al 1999
e da allora Orbán ha annualmente onorato l’appuntamento - promosso dall’
Associazione Ungherese per la Cooperazione Civica - anche solo in veste di presidente
del FIDESZ. Questo discorso, come ha ricordato il ministro delle risorse umane Zoltán
Balog in veste di presidente dell’ Associazione e di padrone di casa, non è
solo una “questione di politica, di economia, di sfide quotidiane, di benessere,
di Stato, di cultura ma una questione personale”.
Per chi governa e amministra la cosa pubblica
è una “questione di reputazione personale interrogarsi su che paese lascia alle
generazioni future”. Questo è il contesto in cui il primo ministro prende la
parola.
“Nel 2010” - anno della vittoria
alle ultime elezioni politiche - “è iniziata una nuova era” - ha orgogliosamente
sottolineato Orbán. Il popolo ungherese dopo decenni di sottomissione a potenze
straniere “ha preso in mano il proprio destino”. Il popolo ha riconosciuto che
la soluzione non è il “continuo allineamento, il deferente adattamento, l’ereditaria
rincorsa alla conformità” in altre parole la “debolezza” e nel 2010 ha creato “l’unica
maggioranza parlamentare di 2/3 in Europa”. “Da allora” - ha continuato il
primo ministro - “abbiamo realizzato
tutto quello che ci hanno rinfacciato essere impossibile. Gli ungheresi non
lavorano più al servizio degli stranieri né tantomeno sono i banchieri e i
burocrati stranieri che devono dirci che tipo di Costituzione possiamo darci o
quando e come dobbiamo aumentare i
nostri stipendi e le nostre pensioni”.
La frase più ricorrente in un discorso ricco
di metafore, di riferimenti storici, di patriottismo e di speranze è quella che
forse meglio racchiude il senso della realtà dei fatti: “l’Ungheria si muove meglio che nel passato ma
non ancora abbastanza.” Ricca è la
rassegna dei successi conseguiti. In Ungheria “la gestione della crisi è più
efficace rispetto agli altri paesi europei”. Il paese è performante “nel
rendere più facile la vita quotidiana delle persone, nelle politiche di
sostegno alle famiglie, in materia di pensioni, nel rispetto della dignità del
lavoro, nella crescita delle forze di polizia - che contano 3500 unità in più
da quando è in carica il nuovo governo – e nel taglio delle spese inutili ”. Sul fronte della sanità novantamila dipendenti
hanno visto i propri stipendi maggiorati e sono in corso ben 439 investimenti
nel settore. Ma il più grande successo a detta del primo ministro sono i
risultati conseguiti nel campo dell’integrazione sociale. In particolare ha ricordato, con visibile soddisfazione, che
dei 261 mila che hanno preso parte a programmi governativi di inserimento nel
mondo del lavoro ben 54.750 sono rom. Secondo Orbán i dati dell’anno appena
trascorso dimostrano “che gli ungheresi
non hanno lavorato invano”. Ciononostante ci sono ancora molte cose da fare. Per questo
motivo continuerà l’azione del governo in difesa dei posti di lavoro e saranno varati programmi specifici per chi
vive solo di stipendio.
Il primo ministro ha catalogato
il ventennio intercorso tra il 1990 ed il 2010 come un periodo di transizione e
per questo di incertezze in cui “ci siamo curati di liquidare il passato senza
costruire il futuro e ora la cosa più importante è avere una chiara visione dei
prossimi venti anni. ” Orbán fissa quindi senza indugio e con estrema chiarezza quelli che sono
obiettivi di lunghissimo termine, gli obiettivi del ventennio venturo: la fine
della dipendenza finanziaria ed energetica, l’ affrancamento dal debito estero,
la riduzione del calo delle nascite, la piena occupazione per chi ha scelto di
realizzarsi in Ungheria, l’ingresso dell’economia ungherese nelle prime 30
economie più competitive, l’apporto di non più di 15-20 multinazionali
ungheresi nel rafforzamento della posizione del paese nell’economia globale, il
debito pubblico entro la soglia del 50% del PIL, il novero di sempre più
università ungheresi tra le prime 200 del mondo e la qualità della vita
ungherese superiore alla media europea.
Con una nota di sarcasmo verso le
poco rosee previsioni dell’ Unione Europea sulla situazione ungherese, Orbán ha
confermato che il rapporto deficit-PIL sarà sotto il 3% già a partire dall’anno
in corso e che non deve essere trascurato
il fatto che l’Ungheria nel 2012 ha tenuto sotto controllo le sue finanze
riducendo il suo debito pubblico, caso unico quello ungherese - ha ricordato il
capo del governo - insieme a soli altri quattro paesi membri. Nel discorso si
registra anche una critica ai socialisti colpevoli, negli anni in cui hanno
governato, di aver dato un calcio ad un patto storico. Nel 1989, secondo Orbán,
è stato sottoscritto infatti un patto storico: l’Ungheria non avrebbe più
ripetuto gli errori dell’era Kádár pagando le proprie spese sociali attraverso
il credito estero. “Noi” – ha ribadito – “a costo di impoverirci non
finanzieremo né le spese del welfare, né
i nostri sussidi, né gli aumenti senza copertura necessaria dei salari con il
credito estero”.
Il pensiero di Orbán va infine ai
giovani. Il compito del governo è di dare il suo contributo perché l’Ungheria
diventi un posto dove si può costruire il proprio futuro con “lavoro duro e
responsabile indipendentemente dalle origini”. “Per questo” - ha concluso il
primo ministro - “è normale il desiderio di vedere in mezzo a noi almeno per un
certo periodo i nostri giovani capaci e tecnicamente formati grazie ai soldi
del contribuente ungherese. Per questo è importante che i nostri figli
investano qui nei loro studi perché solo in questo modo potranno trasmettere ai
loro figli, i nostri nipoti, quell’esperienza che a loro volta hanno avuto da
noi”.
La chiusura del discorso è il
consueto motto “Hajrá, Magyarország, hajrá, magyarok!” Forza Ungheria! Forza
Ungheresi!
(Fonti: hirado.hu/orbanviktor.hu)