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Gyula Thürmer tiene il suo discorso alla rotonda Kodály. (foto mno.hu) |
Per i nostalgici di Kádár e del regime crollato insieme al muro di Berlino l’appuntamento è alle otto e trenta alla rotonda Kodály. Nella frescura mattutina di una giornata che si annuncia rovente, di un primo maggio che è un assaggio di estate, il primo discorso politico è quello di Gyula Thürmer presidente del Partito Comunista Operaio ungherese (Magyar Kommunista Munkáspárt) in piedi su di una pedana. Certo i numeri non sono quelli di qualche decennio fa quando a sfilare sotto le tribune di via Dózsa Györgyi davanti al Segretario e ai quadri del Partito c’erano le coreografie di folle festanti, di operai e di lavoratori organizzati. L’Internazionale oggi non risuona più e la pacatezza con cui Thürmer in completo scuro e camicia rossa ricorda come l’ungherese oggi viva peggio di quattro anni fa, quasi contrasta con lo slogan - a pensarci su nemmeno tanto minaccioso - che di lì a poco aprirà il corteo: “La Nato ci spinge in guerra e l’Unione nella fame”. Altrove magari per una manifestazione di un partito anti-globalizzazione che su facebook sostiene gruppi amici del Partito socialista unitario venezuelano e del defunto Chavez ci sarebbe un servizio d’ordine in assetto antisommossa. Qui, sul boulevard alberato di via Andrássy, forse non c’è che un’auto della polizia necessaria a proteggere i manifestanti dal traffico inesistente di un giorno non lavorativo. Questi sinceri anticapitalisti che la dittatura l’hanno vissuta e la rimpiangono non hanno capelli rasta, caschi, spranghe pronte all’uso. Non ci sono fumogeni. Niente volti coperti e sguardi avvelenati. Di rabbioso e fiero c’è solo lo sguardo di un muscoloso operaio che brandisce un martello: il simbolo del partito. Il rosso campeggia sulle bandiere e sui cartelli, sulle magliette dei giovani (pochi) e sui foulard di due anziane signore che vicendevolmente si sorreggono e che l’Ungheria Repubblica Popolare l’hanno conosciuta. Ci sono le facce di Lenin, Marx e Che Guevara, le icone di un mondo che non è più e che rivive in questa tranquilla manifestazione il cui colore più cupo è il grigio delle tute da guardia operaia dei tre ragazzi che guidano la sfilata verso Piazza degli Eroi. Il sole è sempre più alto. Il primo maggio entra nel suo vivo.
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Lo spettacolo del clown Ricsi sul palco della Coalizione Democratica |
E’ proprio alle spalle di Piazza degli Eroi nel bosco e nei prati del Városliget che vanno in scena i tradizionali
majális, le “feste maggiaiole”, le prime gite fuori porta, le prime scampagnate, dove a farla da padrona sono wurstel e birra, rispettivamente considerati cibo e bevanda simbolo del proletariato urbano, per intenderci, la falce e il martello della gastronomia comunista. Cibo tradizionalmente povero e a basso costo, insomma il contrario di quello che si vede negli stand del majális della Coalizione democratica (
Demokratikus Koalíció) dell’ex-premier Ferenc Gyurcsány, dove per una salsiccia fritta, un po’ di senape e una fetta di pane bisogna pagare mille fiorini, circa tre euro e cinquanta, un po’ troppo per il portafoglio dell’ungherese medio. In compenso è da apprezzare l’impegno rivolto alle generazioni future dove lo spettacolo del noto clown Ricsi è graditissimo a decine di bambini, gli unici ad abbassare sensibilmente un’età media del pubblico presente altrimenti molto alta. Gyurcsány dovrà ancora attendere qualche anno prima di avere il loro riconoscente voto ma intanto l’atmosfera è pronta per accoglierlo sul palco. Sono le undici quando prende la parola in perfetto look da politico in vacanza. In Converse, jeans e camicia a quadri comincia a bacchettare l’opposizione ed i suoi inutili tentennamenti. Il discorso (
ascolta qui) è a braccio, lo stile è ironico e pungente ed il messaggio ai due leader che ancora si contendono il ruolo di sfidante di Orbán alle elezioni del prossimo anno, ossia il socialista Attila Mesterházy e l’ex-premier nonché fondatore di Insieme 2014 (
Egyűtt 2014) Gordon Bajnai, è chiaro: “bisogna costruire un’opposizione democratica unita”. E’ ormai evidente che si vince solo se si è uniti ma Gyurcsány ricorda che “non è solo il patto tra uno, due o tre partiti a definire l’unità dell’opposizione”. “Non stiamo organizzando un gruppo di amici per andare al Balaton” ironizza, è necessario che si metta insieme “la moltitudine democratica che si oppone a Orbán” .
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Gyurcsány e altri politici di Coalizione Democratica firmano autografi |
Per questo c’è bisogno di tutte le componenti della società civile, dei sindacati e del più piccolo dei partiti. Si fanno i nomi. Lajos Bokros e Gábor Fodor, che hanno fondato due nuove formazioni politiche, Gábor Kuncze (uno storico passato nei Liberi Democratici) e i Socialdemocratici di Andor Schmuck.Non è sufficiente secondo Gyurcsány il recente accordo elettorale siglato da Mesterházy e Bajnai che prevede candidature condivise nei collegi. “Ci vogliono - ribadisce - candidati comuni di una lista comune di tutta l’opposizione”. Il sole è sempre più incalzante come le battute di Feri, come lo chiamano i suoi. Molti gli applausi, cori anti-Orbán. C’è spazio anche per rimarcare la laicità del partito in pieno stile libera-Chiesa-in-libero-Stato e dire basta alla “nuova evangelizzazione” messa in atto dal governo. Dopo una mezz’oretta tutto sommato gradevole la chiosa: “buon pranzo a voi e sogni cattivi a Orban.” Tutti a sentire Mesterházy, per chi ha la forza e ancora non troppa fame, che dovrebbe parlare di lì a breve a pochi stand di distanza. Sì perché al Városliget c’è tutta l’opposizione al governo di destra in bermuda e magliette. Ogni partito ha organizzato qui il proprio majális ed è quasi come una fiera. Tra un cantante ed un banchetto di raccolta firme, tra un saltimbanco sui trampoli e un pentolone di gulash (gulyás) fumante, trovi il gazebo di un partito dove magari becchi il politico preferito che si dedica agli autografi. “Pane e lavoro!” è lo slogan di sempre, “Panem et circenses” è quello che si vede.
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Simpatizzante socialista |
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Gulash per tutti allo stand di Coalizione Democratica |
Inutile dire che il majális dei socialisti dell’MSZP, non a caso primo partito di opposizione, ha una scaletta musicale di tutto rispetto. Ce n’è per tutti i gusti e soprattutto per tutte le età. “Tutti quanti facciamo un errore, quell’errore non essere tu” canta l’Orietta Berti ungherese Teri Harangozó nel suo
cavallo di battaglia di sempre e forse è un po’ la speranza di elettori e attivisti socialisti rivolta al loro presidente. Dal revival allo slang di Dopeman che tra le righe di un
rap ci ricorda che lui e il suo fratellino sono proprio “quei gangstar da cui tu proteggi tuo figlio”. Ma il ritmo si sa, prevale sempre sui testi e una volta raggiunto il numero giusto Mesterházy può parlare. Lui che è allo stesso tempo capo del partito e capogruppo in parlamento non si è ancora candidato ufficialmente a guidare il governo, anche perché non si è ancora capito chi guiderà l’opposizione. Il suo discorso è però in linea con lo slogan che ha alle spalle: “Il cambiamento è iniziato. Trasmettilo a tutti”.E’ il discorso (
ascolta qui) di chi ambisce a governare il paese anche se inizia con una stilettata più adatta ad attirare applausi che voti e con cui esige dal premier che “cacci dalla vita pubblica” József Balogh, deputato del partito di maggioranza Fidesz, colpevole di continue e ripetute violenze contro la moglie. Pochino se si considera che gli argomenti non mancano. Un mese fa ad esempio mezza Europa ha gridato al golpe bianco in Ungheria in seguito all’ultima modifica della Costituzione. Ma come non si sono viste barricate e folle inferocite per le strade di Budapest, così non c’è stata menzione del fatto nella pur ricca rassegna antigovernativa del leader socialista.
Dopo la battuta d’esordio Mesterházy ricorda subito che la festa dei lavoratori coincide con il nono anniversario dell’adesione all’UE e il giovane politico socialista può così confermare il suo impegno per creare un paese pienamente europeo legato ai valori delle moderne democrazie occidentali. Il passaggio non è scontato visto che Orbán non è proprio un campione di euro-entusiasmo. Crescita zero, tasse elevate, prezzi insostenibili, paese allo stremo, mezzo milione di bambini a fare la fame sono il lascito di un sistema,
rendszer, (il termine è lo stesso usato nell’’89) che il presidente dell’MSZP promette di cambiare e smantellare in ogni sua parte.
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Mesterházy e Gyurcsány si incontrano al majális socialista |
Il finale è il più interessante e atteso da tutti, musica per le orecchie di Gyurcsány che è arrivato in platea sorseggiando una birra. Come battere Orbán? La ricetta di Mesterházy è quella di estendere a tutti i partiti disposti ad allearsi il “patto di non aggressione” stipulato con Bajnai e il suo Insieme 2014 in cui si è espressamente deciso, oltre alle candidature condivise, di non indebolirsi a vicenda nella campagna elettorale. Riassunto: Mesterházy ancora non scende in campo ma nei fatti, allargando il campo delle alleanze, punta a rendere pressoché obbligata la convergenza sul suo nome. Ma Bajnai tutto questo non lo può sentire. E’ sul
suo palco a parlare di crisi economica insieme al movimento Solidaritas, pilastro di Insieme 2014, e a Benedek Jávor fresco di scissione da LMP e alleato immediato di Bajnai con il suo nuovo partito Dialogo per l’Ungheria. Qui c’è poca gente. Effetto Apostol, gruppo anni settanta che
canta per il majális dei sindacati che nel frattempo per la prima volta nella loro giovane storia manifestano e festeggiano unitariamente.
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Da destra: Mesterházy (MSZP),Kónya(Solidaritas),Bajnai(E-2014),Varga (Szef) |
Il verde del Városliget è un laboratorio di alleanze e concilia comunità di intenti e appetito, vista l’ora. Infatti è proprio un wurstel con senape e pane a far ritrovare Mesterházy e Bajnai fianco a fianco sulla stessa panca e a farli immortalare nell’ultima significativa immagine (vedi foto a destra) di una giornata che, per quanto propositiva da ogni parte, non scioglie ancora alcun nodo politico. Incerta la formula con cui l’opposizione si presenterà agli elettori. Incerta la natura di una coalizione che tutti vogliono. Incerto il numero dei partiti che ne faranno parte. Incerto soprattutto chi sarà l’anti-Orbán. Le certezze non sono altrettanto risolutive. Mesterházy guida il maggiore partito di opposizione e in virtù di questo gioca il ruolo (legittimo e non dichiarato) di primo ministro ombra. Bajnai tuttavia è risultato a marzo non solo il politico più popolare, secondo solo al Capo dello Stato Áder, ma anche il più apprezzato dalla maggioranza di chi vuole il cambio di governo (fonte Médián). L’impressione è che il tour elettorale (országjárás) con cui Bajnai sta percorrendo l’Ungheria in lungo e in largo non sia poi tanto rivolto contro Orbán quanto piuttosto a spingere l’alleato socialista alla resa dei conti. Strada in salita dunque per il trio Mesterházy-Bajnai-Gyurcsány che ad oggi, pur volendo considerare i sondaggi più favorevoli, non raggiungono messi insieme Viktor Orbán che nel frattempo è pronto ad incassare consensi reali dalla campagna di abbassamento delle bollette (rezsicsökkentés) e dai recenti aumenti di stipendio ai dipendenti della sanità pubblica. Il majális di oggi è ancora vigilia di decisioni. Il prossimo sarà vigilia di voto e non ci saranno prove d’appello.